Gran parte dell’apporto di vitamina D deriva dall’esposizione al sole; le creme possono compromettere questo meccanismo?

Tra i tanti motivi per cui l’estate è la stagione del cuore di molte persone c’è, senza ombra di tutto, l’effetto esteticamente appagante di una pelle più abbronzata. Il pallore invernale che cede il passo ad un colorito più accattivante fa decisamente gola e ci spinge, talvolta, a forzare un po’ questo passaggio con l’adozione di pratiche scorrette, come ad esempio l’esposizione al sole senza protezione, magari nelle ore meno indicate della giornata. Se è vero che il sole è fonte di vita per il nostro pianeta e rappresenta, per noi esseri umani, una “medicina naturale” perché aumenta la produzione di serotonina – nota anche come “ormone del buonumore” – e aiuta nella risoluzione di contratture muscolari o di alcune malattie della pelle (si pensi alla psoriasi), è altresì noto che un’esposizione prolungata e non “schermata” possa provocare non solo dolorose scottature, ma seri problemi alla nostra salute. C’è chi sostiene, tuttavia, che le creme solari, efficace scudo contro i raggi UV, possano compromettere l’assunzione di vitamina D, sintetizzata dal nostro organismo proprio grazie al contatto diretto con i raggi solari. Ma è davvero così? Scopriamolo insieme.

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Il ruolo delle creme solari

Per comprendere il funzionamento delle creme solari bisogna conoscere come sono fatti i raggi del sole, essenzialmente composti da raggi ultravioletti B, con lunghezze d’onda più corte («raggi UVB») – principali responsabili dell’infiammazione e conseguente arrossamento della pelle – e da raggi ultravioletti A, con lunghezze d’onda maggiori («raggi UVA») – che invece causano un invecchiamento cutaneo prematuro. I filtri fisici e chimici contenuti nei prodotti solari agiscono meccanicamente proprio sui diversi tipi di raggio, riflettendo e disperdendo le radiazioni oppure assorbendone l’energia e restituendola sotto forma di calore. Il fattore di protezione (il ben noto acronimo SPF) è il numero che si trova indicato sui cosmetici che contengono filtri solari per proteggere la pelle dalle radiazioni prodotte del sole e deve essere inversamente proporzionale al proprio fototipo: tanto più la pelle è chiara, e per questo sensibile ai raggi solari, tanto maggiore deve essere il SPF.

Sole e vitamina D: cosa c’è da sapere?

La vitamina D è la “vitamina del sole” proprio perché viene sintetizzata dal nostro organismo tramite l’esposizione solare. Più nel dettaglio, ben l’80% del suo apporto è garantito dall’esposizione ai raggi UVB, mentre il restante 20% è assicurato, generalmente, dall’alimentazione e dall’integrazione alimentare. Perché è fondamentale per il nostro organismo? Perché concorre alla salute di ossa, denti e muscoli, aiutando l’intestino ad assorbire calcio e fosforo e favorisce il corretto funzionamento del sistema immunitario.

È difficile quantificare uniformemente un tempo preciso di esposizione al sole per produrre adeguate quantità di vitamina D: al calcolo concorrono diversi fattori, tra cui le caratteristiche individuali (come età e pigmentazione della pelle), le condizioni atmosferiche (livello di inquinamento, presenza di nuvole) e specifiche peculiarità dei raggi ultravioletti. E sì, anche l’utilizzo di protezioni solari può ridurre la produzione di vitamina D. Tuttavia, la Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS) ha sottolineato che “secondo alcuni studi un’esposizione di 15-30 minuti al giorno su viso e braccia senza applicazione di creme solari può essere sufficiente per una buona sintesi di vitamina D da parte della pelle”.

Protezione solare e vitamina D: l’obiettivo è una giusta convivenza

È proprio per il fatto che per godere dei benefici del sole sono sufficienti pochi minuti di esposizione al giorno che l’utilizzo delle protezioni solari non inficiano l’assunzione naturale di vitamina D. Basta, ad esempio, riservare alle ore meno calde della giornata (quando cioè il sole è basso e non c’è più rischio di scottature) un’esposizione senza protezione. Inoltre, perché le creme solari rispettino pedissequamente il fattore di protezione indicato sulla confezione dovrebbero essere applicate più volte il giorno, in quantità abbondanti e in maniera del tutto uniforme su tutta la superficie corporea: ma questa è un’eventualità talmente rara – anche nei soggetti più scrupolosi – che il rischio di un deficit di vitamina D causato da crema solare è pressoché nullo. In conclusione, come sostenuto anche da uno studio del 2019 della British Association of Dermatologists, ci sono poche prove del fatto che la protezione solare diminuisca la concentrazione di Vitamina D e quindi, le preoccupazioni su una sua eventuale carenza non devono assolutamente compromettere la prevenzione dai possibili danni di una protezione prolungata e non schermata. La nostra pelle, nel corso della giornata, ha sicuramente il tempo sufficiente per esporsi al sole in tutta sicurezza e sintetizzare così la preziosa sostanza.

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