La vitamina D è una vitamina sui generis. Se è vero, infatti, che le vitamine comuni sono molecole essenziali che l’organismo non può produrre da solo e devono essere necessariamente introdotte attraverso l’alimentazione, le fonti di approvvigionamento di vitamina D in natura sono due: la luce del sole e gli alimenti. Più nel dettaglio, ben l’80% del suo apporto è garantito dall’esposizione ai raggi UVB, mentre il restante 20% è assicurato, generalmente, dall’alimentazione (pesce azzurro, carni rosse, fegato e tuorlo d’uovo, per esempio).

Perché è fondamentale per il nostro organismo? Perché contribuisce a mantenere la salute di ossa, denti e muscoli e partecipa al normale assorbimento del calcio e al funzionamento del sistema immunitario.

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Vitamina D3 IBSA

L’Integratore Vitamina D3 IBSA contribuisce al buon funzionamento del sistema immunitario e alla salute delle ossa, permettendo il corretto assorbimento del calcio.

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Valori adeguati e fabbisogno giornaliero

Come capire se il nostro organismo ha valori adeguati del prezioso elemento? Rivolgendosi al proprio medico, che valuterà in base a eventuali sintomi, e solo in presenza di specifiche condizioni di rischio, se richiedere l’esame del sangue: si valuta il dosaggio della 25 (OH) D sierica che rappresenta le riserve di vitamina D nell’organismo.

L’altro dato di cui tener conto sono i valori di riferimento nella dieta (DRV) per l’assunzione di vitamina D. In questo caso, i parametri sono stati fissati dall’EFSA (Autorità Europea per La Sicurezza Alimentare), la quale ha stabilito per gli individui sani di oltre un anno di età un apporto adeguato (AI) di 15 μg al giorno (incluse donne in gravidanza e donne in allattamento) mentre, per i lattanti di età compresa tra 7 e 11 mesi, i DRV sono stati fissati a 10 μg al giorno. Alla luce di quanto detto fino ad adesso, ovvero che la vitamina D è sintetizzata dall’organismo tramite esposizione al sole, i valori di riferimento sono basati sull’ipotesi che l’esposizione solare sia minima, e dunque limitati i livelli di vitamina D sintetizzata. I valori di riferimento nella dieta, inoltre, servono a garantire che le persone assumano sufficienti livelli del prezioso elemento indipendentemente dalla loro capacità di esposizione alla luce solare.

Raggi solari e attivazione della vitamina D

La vitamina D – che, in realtà, è composta da un gruppo di 5 vitamine diverse – è una vitamina che si accumula naturalmente nel fegato e viene rilasciata in piccole quantità quando il nostro corpo ne ha necessità. È inoltre liposolubile, vale a dire che si scioglie nei grassi.

Ne esistono in natura due forme principali: la vitamina D2 (ergocalciferolo) di origine vegetale, e la vitamina D3 (colecalciferolo) di origine animale. La sintesi della vitamina D avviene tramite la trasformazione in vitamina D3 di un grasso (simile al colesterolo) presente nella pelle a opera dei raggi solari UVB. La vitamina in questa forma viene poi assorbita dall’intestino, introdotta nel sangue dove si lega a una proteina specifica e trasportata, infine, ai diversi organi e tessuti.

È difficile quantificare uniformemente un tempo preciso di esposizione al sole per produrre adeguate quantità di vitamina D poiché al calcolo concorrono diversi fattori: caratteristiche individuali come la pigmentazione della pelle, condizioni atmosferiche (livello di inquinamento, presenza di nuvole) e specifiche peculiarità dei raggi ultravioletti nonché l’utilizzo di protezioni solari, indispensabili per un’esposizione diretta al sole.

Tuttavia, secondo le aggiornate raccomandazione della Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS) “un’esposizione di 15-30 minuti al giorno su viso e braccia senza applicazione di creme solari può essere sufficiente per una buona sintesi di vitamina D da parte della pelle”. La capacità dell’organismo di sintetizzare vitamina D dipende anche dall’età e tende a diminuire nelle persone anziane. Per questo motivo – unitamente al fatto che tendono a uscire poco di casa – è proprio negli anziani che è si verifica spesso una carenza di vitamina D, possibile causa di indebolimento osseo (con grave rischio di osteoporosi), problemi cardiaci e altre complicanze.

Vitamina D e inverno

La vitamina D è chiamata la “vitamina del sole” proprio per questa sua particolarità di essere un ormone sintetizzato nella cute per effetto delle radiazioni ultraviolette B e assunta solo in parte dalla dieta. Va da sé quindi che essendo legata a doppio filo al sole, la vitamina D non trovi nella stagione invernale un grande alleato. Le ore di luce diminuite, il clima che impone di coprire tutto il corpo, la permanenza prolungata in ambienti chiusi portano, inevitabilmente a una riduzione della sintesi di vitamina D. La sua carenza, soprattutto in questo periodo, diventa quindi problema comune e diffuso.

Oltre a mettere in tavola gli alimenti che contengono vitamina D – pesci e formaggi grassi, carni rosse e tuorlo d’uovo – resta necessaria l’opzione dell’esposizione quotidiana al sole: in inverno, ovviamente, sarà preferibile scegliere le ore più calde (da mezzogiorno alle tre di pomeriggio) con un tempo stimato di oltre 20 minuti, lasciando scoperti almeno collo, viso, mani e braccia. L’esposizione deve essere diretta, perché sia davvero efficace. Infine, se necessario, è possibile stabilire con il medico curante l’eventuale assunzione di integratori di vitamina D.

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