Cosa determina una carenza di vitamina D e quali sono i sintomi?
Ipovitaminosi o carenza di vitamina D sono due espressioni che indicano livelli insufficienti di questa importante sostanza. La cosiddetta “vitamina del sole” ha caratteristiche che la distinguono da tutte le altre vitamine, ma come queste è fondamentale per il benessere dell’organismo. In particolare, la vitamina D serve per la crescita e la salute delle ossa, per il buon funzionamento del sistema immunitario, per la funzione cerebrale, per la crescita e differenziazione cellulare. Se l’esposizione al sole non è adeguata, se l’alimentazione e lo stile di vita non sono salutari si può verificare una carenza di vitamina D.
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Ipovitaminosi D: i sintomi
L’ipovitaminosi D è un fenomeno diffuso, tanto che si calcola che il 50% circa della popolazione anziana in Europa e negli Stati Uniti presenti livelli insufficienti di vitamina, rilevabili con degli esami del sangue specifici che di solito sono eseguiti su pazienti a rischio o che presentano i sintomi di una carenza di vitamina D. Questi segnali comprendono:
- dolori muscolari
- dolori ossei
- debolezza
- fragilità ossea
- fragilità di capelli, unghie e denti
- predisposizione ad ammalarsi spesso
La carenza di vitamina D, detta anche ipovitaminosi D, è una condizione che si verifica quando la produzione da parte dell’organismo di questa vitamina e la dieta non riescono a soddisfarne il fabbisogno. La vitamina D, infatti, viene prodotta per la maggior parte (circa l’80% del fabbisogno) dalla pelle a seguito dell’esposizione a un particolare tipo di raggi del sole e, in piccola parte (circa il 20% del fabbisogno), assunta tramite l’alimentazione. È proprio questo che la distingue da tutte le altre vitamine, che invece sono contenute in determinati alimenti e vengono assunte esclusivamente grazie alla dieta.
Cibi che contengono vitamina D
Nonostante i cibi che contengono vitamina D siano pochi, sono comunque utili per raggiungere il fabbisogno di questa sostanza ed è bene che siano presenti in una dieta equilibrata, soprattutto in quei casi in cui si è più a rischio di sviluppare una carenza.
Fra i cibi con vitamina D troviamo:
- olio di fegato di merluzzo;
- tuorlo d’uovo;
- pesci grassi, come tonno, salmone, aringa e sgombro.
A partire dagli anni ’30 del secolo scorso, poi, si è iniziato ad aggiungere la vitamina D in alcuni alimenti, per sostenere eventuali carenze. Oggi tra gli alimenti fortificati più comuni ci sono:
- latte
- bevande vegetali (a base di soia, riso e avena)
- yogurt
- cereali per la prima colazione
- succo di frutta
In Italia gli alimenti fortificati sono meno diffusi rispetto ad altri paesi, come quelli del Nord Europa o gli Stati Uniti, ma visto che la vitamina D è naturalmente presente in pochi alimenti e in piccola percentuale, questi possono essere dei validi alleati per prevenire una carenza.
Cause di ipovitaminosi D
Nella maggior parte dei casi, la causa di una carenza di vitamina D è un’esposizione insufficiente ai raggi solari. Come abbiamo visto, infatti, il sole è la fonte principale di questa sostanza, che viene sintetizzata dalla pelle proprio grazie ai raggi UVB.
In condizioni normali è sufficiente stare al sole con il 25% del corpo scoperto per circa 20 minuti almeno tre volte a settimana. Ci sono però molte variabili ambientali e individuali che possono rendere un’esposizione del genere insufficiente.
La produzione di vitamina D da parte della pelle cambia infatti in base a età, peso corporeo e pigmentazione della pelle, e non sempre i raggi del sole arrivano allo stesso modo: possono essere schermati dalle nuvole, dai vetri delle finestre o semplicemente possono essere più deboli a causa dell’inclinazione dell’asse terrestre – come succede in inverno, in particolare ad alcune latitudini. Inoltre, per quanto i raggi UVB del sole siano benefici per la produzione di vitamina D, non bisogna mai dimenticare di proteggere con creme adeguate la pelle dai raggi UVA, che invece sono dannosi.
Ci sono poi alcune categorie particolarmente a rischio di carenza di vitamina D, come:
- gli anziani, perché l’organismo è meno efficiente nel sintetizzare la vitamina D;
- gli ospiti di case di riposo e i pazienti ospedalizzati per un lungo periodo, che passano un tempo insufficiente all’aria aperta;
- le donne in menopausa, a causa del calo di estrogeni che caratterizza questa fase della vita.
L’aumento della carenza di vitamina D negli ultimi anni può essere dovuto proprio a un innalzamento dell’età media della popolazione e a un diverso stile di vita: i bambini rispetto al passato trascorrono più tempo in casa e molti adulti lavorano in luoghi chiusi, come gli uffici.
Infine, anche alcune condizioni di salute possono interferire nella produzione o nell’assorbimento della vitamina D, come:
- patologie che riguardano fegato e reni, organi nei quali la vitamina D prodotta dalla pelle o assunta attraverso l’alimentazione viene trasformata in calcitriolo, ovvero la forma attiva di vitamina D, utilizzata poi dall’organismo per molteplici funzioni;
- patologie che causano un malassorbimento della vitamina D a livello intestinale;
- alcune terapie farmacologiche.
Integrare la vitamina D in caso di ipovitaminosi
In caso di carenza, possono essere somministrati farmaci o integratori di vitamina D. Gli integratori sono sempre necessari?
L’utilizzo di integratori non dovrebbe mai essere una pratica fai-da-te, ma da eseguire sempre dietro consiglio e controllo del proprio medico, che saprà prima di tutto indicare gli accertamenti da fare per confermare un’eventuale carenza e, in un secondo momento, il giusto integratore e la somministrazione più indicata. Per quanto riguarda gli integratori di vitamina D, ad esempio, possono essere assunti quotidianamente, settimanalmente o mensilmente, di solito per via orale.
Resta comunque importante, per prevenire una carenza di vitamina D, esporre la pelle al sole per un tempo adeguato e seguire un’alimentazione sana ed equilibrata, oltre a praticare attività fisica – se svolta all’aperto, poi, si beneficerà anche dei raggi solari.