Rispetto agli adulti, le persone anziane hanno un diverso fabbisogno di questa importante vitamina
La vitamina D è comunemente chiamata “vitamina del sole”, dal momento che viene sintetizzata dal nostro organismo con l’esposizione ai raggi solari e, in misura minore, assunta attraverso l’alimentazione. Se negli adulti sani è più difficile osservarne una carenza – bastano davvero pochi minuti al giorno di esposizione per garantirne la sintesi in quantità adeguata – negli anziani il deficit di vitamina D si fa più marcato e frequente.
La vitamina D agisce come regolatore di molte funzioni cellulari e metaboliche: favorisce l’assorbimento di calcio e fosforo a livello intestinale ed è un micronutriente chiave nei processi di mineralizzazione dell’osso. Inoltre, concorre attivamente alla salute di denti e muscoli e contribuisce al normale funzionamento del sistema immunitario. È importante, quindi, che ciascuno di noi ne abbia a sufficienza, onde evitare il rischio concreto di andare incontro a varie problematiche, tra cui malattie che rendono le ossa fragili e più soggette a fratture.
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Vitamina D3 IBSA
L’Integratore Vitamina D3 IBSA contribuisce al buon funzionamento del sistema immunitario e alla salute delle ossa, permettendo il corretto assorbimento del calcio.
La carenza di vitamina D negli anziani
L’ipovitaminosi è la carenza di vitamina D, ovvero la presenza di insufficienti livelli di vitamina D nell’organismo. Secondo un documento dell’Associazione Medici Endocrinologi, questo è un fenomeno assai diffuso in Italia, dal momento che riguarda ben il 50% dei giovani e la quasi totalità degli anziani nel periodo invernale (ben l’86% delle donne oltre i 70 anni di età). Con l’avanzare dell’età, l’ipovitaminosi D – che, comunque, si stima riguardi circa un miliardo di persone nel mondo – diventa ancor più frequente, soprattutto dopo i 70 anni e nelle donne rispetto agli uomini.
La causa va ricercata in diversi fattori: primo fra tutti, la minor esposizione degli anziani ai raggi ultravioletti, la loro ridotta produzione cutanea di vitamina D (a parità di esposizione solare il soggetto anziano ne produce il 30% in meno) e infine, anche la limitata assunzione con la dieta. Anche la presenza di malattie renali o epatiche e l’assunzione di specifici farmaci possono contribuire a una insidiosa carenza.
Con l’età si riduce anche il lavoro dei recettori di vitamina D a livello intestinale, renale e muscolare e diminuisce la capacità dell’organismo di produrre il 1,25(OH)2D (calcitriolo), ovvero il metabolita attivo della vitamina D. Quindi, alla luce di questi fatti, soprattutto nell’anziano si rende spesso necessaria la supplementazione, per mantenere i livelli di vitamina D adeguati.
Valori adeguati e fabbisogno giornaliero di vitamina D negli anziani
Non esiste una stima precisa del fabbisogno giornaliero di vitamina D, divisa per fasce d’età. Tuttavia, l’EFSA (Autorità Europea per La Sicurezza Alimentare) ha stabilito come adeguato, per gli individui sani di oltre un anno di età, un apporto di 15 μg al giorno (incluse donne in gravidanza e donne in allattamento), mentre per i lattanti di età compresa tra 7 e 11 mesi i valori di riferimento nella dieta sono stati fissati a 10 μg al giorno. Secondo la SIOMMMS (Società Italiana dell’Osteoporosi e del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro) il fabbisogno giornaliero di vitamina D varia da 1500 UI al giorno per gli adulti sani a 2300 UI al giorno per gli anziani.
L’alimentazione-tipo italiana arriva a fornire 300 UI giornaliere, per cui in caso di ridotta esposizione al sole occorre fornire supplementi per 1200-2000 UI al giorno. Inoltre, c’è da considerare che il fabbisogno può variare in base all’età, alla massa corporea, all’apporto di calcio.
Ovviamente, qualsiasi integrazione deve avvenire sotto stretto controllo medico, sia perché è in grado di stabilire modi e tempi di somministrazione idonei al caso specifico sia perché anche l’eccesso di vitamina D, al pari della sua carenza, può provocare effetti gravi per la salute.